storia vera

Due volte in cui non ho chiamato la polizia (e una in cui avrei dovuto).

no moleste

Nasci e cresci in un paesino bello,‭ ‬davvero bello,‭ ‬sulle rive del lago più grande d’Italia.‭ ‬Vivo,‭ ‬pieno di turisti in estate,‭ ‬assonnato e noioso in inverno‭; ‬lo ami quel posto e da grande arrivi a credere sia il posto perfetto per crescere.‭ ‬Poi ci pensi meglio e ti accorgi che se sei donna niente puó salvarti dalla tua quota di molestie,‭ ‬nemmeno questo piccolo paese tranquillo e l’attenzione di‭ ‬una famiglia presente e sana,‭ ‬ama dire la nonna.‭

E nella memoria ti si stampano,‭ ‬tra gli altri,‭ ‬quei tre fatti fondamentali,‭ ‬solo tre perché tutti gli episodi in cui ti hanno insultata pensando di farti un complimento proprio non li vuoi memorizzare.

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Questa é la storia del mio primo pene.‭ ‬No,‭ ‬non in quel senso,‭ ‬no.‭

Ho‭ ‬10‭ ‬anni e nel tentativo di farmi prendere un po’ ‬di sole e di aria di mare i genitori decidono di mandarmi tre settimane in una colonia estiva religiosa.‭ ‬Penso che non esistano più,‭ ‬lo spero.‭ ‬Le ricordo come le tre settimane più lunghe della mia vita.‭

Parto con entusiasmo insieme ad altri compagni di classe,‭ ‬sarà divertente,‭ ‬ho insistito per andare.‭ ‬E‭’ stato l’atto finale di un’opera teatrale che chiamerei‭ ‬Le suore sono il male.‭

Le giornate sono tutte molto simili,‭ ‬i pomeriggi trascorsi in spiaggia,‭ ‬la spiaggia privata della colonia,‭ ‬i maschietti sul lato destro,‭ ‬le femmine sul lato sinistro,‭ ‬mai in contatto,‭ ‬il bagno in mare lo si fa a gruppi separati.‭

La spiaggia è recintata sui tre lati,‭ ‬quasi impossibile veder fuori o sbirciare dentro.‭ ‬Non credo lo facciano per noi bambini,‭ ‬lo fanno per se stesse,‭ ‬le suore.‭ ‬Chi avrebbe il coraggio di farsi vedere in pubblico in quei costumi neri in simil-stile anni‭ ‘‬20‭ ‬con cui le religiose si agghindano mentre ci sorvegliavano‭? ‬Altro che burkini.‭ ‬A ripensarci,‭ ‬pare proprio di vivere l’ora d’aria di un carcere,‭ ‬con il secondino urlante al primo tentativo di corsa sulla spiaggia o di buca nella sabbia.‭ ‬Avevamo tra i‭ ‬7‭ ‬e gli‭ ‬11‭ ‬anni,‭ ‬cos’altro si aspettassero da noi ancora me lo chiedo.

L’area spiaggia delle bambine confina con una stradina pedonale pubblica che porta alla spiaggia,‭ ‬la copertura di canne della recinzione ha uno spazio scoperto,‭ ‬meno di un metro.‭ ‬Lo spiraglio è la nostra meta quotidiana alla ricerca di contatto con l’esterno.‭ ‬Altrettanto ovviamente,‭ ‬chiunque cammina sulla stradina per andare al mare lancia un’occhiata a questo centinaio di bambini e bambine segregati con le amabili ridicole sorelle.‭

Un pomeriggio mentre gioco con altre bambine nei dintorni dello spiraglio un uomo si avvicina alla rete,‭ ‬ci guarda e ci chiama.‭ ‬Nella mia mente di diecenne è un vecchio decrepito,‭ ‬facendo le dovute proporzioni avrà‭ ‬50-60‭ ‬anni.‭ ‬Noi ci avviciniamo curiose e appena siamo a un passo dalla rete lui apre l’asciugamano che porta intorno alla vita e ci sbandiera i suoi gioielli di famiglia mentre con la bocca bavosa fa dei versi disgustosi e slinguazza l’aria cacciando fuori tutta la lingua.

La nostra reazione non la ricordo,‭ ‬forse ce ne andiamo e basta,‭ ‬forse io ridacchio un po‭’ ‬stupidina,‭ ‬hi hi hi.‭

Lo stesso:‭ ‬il primo pene che vedo in vita mia lo vedo senza averne fatta richiesta,‭ ‬a‭ ‬10‭ ‬anni,‭ ‬mentre sono sotto la custodia di sorelle canossiane.‭

Anni di istruzione cattolica mi avranno insegnato che‭ “‬non si fissa‭”‬,‭ ‬e devo aver distolto lo sguardo dalla zona inguinale dopo tre secondi netti.‭ ‬Però mi ricordo la lingua,‭ ‬l’aria,‭ ‬il risucchio,‭ ‬lo schifo che mi fece allora me lo ricordo preciso preciso adesso.‭ ‬Non aveva nessun senso per me‭ ‬-‭ ‬non conoscevo‭ ‬niente che avesse‭ ‬minimamente a che fare con il sesso,‭ ‬ma quei rumori,‭ ‬quella lingua che non era una boccaccia fatta per scherzo a delle bambine,‭ ‬loro mi sono rimasti appiccicati.‭ ‬E non è che il fatto mi abbia lasciato grandi cicatrici,‭ ‬non credo,‭ ‬ma preferirei riuscire a sfruttare quest’angolo della‭ ‬mia memoria per ricordare‭ ‬altre cose dei‭ ‬miei‭ ‬10‭ ‬anni:‭ ‬avere un ricordo in più di mio nonno,‭ ‬di una torta di compleanno,‭ ‬di quella macchinina che tanto mi piaceva‭ … ‬invece no,‭ ‬ho questa sottospecie di uomo che mi mostra il suo flaccido pene e la sua lingua bavosa.‭ ‬Poteva andarmi peggio:‭ ‬poteva non esserci nessuna recinzione tra me e lui,‭ ‬poteva toccarmi.‭ ‬Poteva anche andarmi meglio,‭ ‬e avrei potuto scegliere quando,‭ ‬dove e di chi vedere il mio primo pene.‭

Questo ricordo sta nel cassetto‭ “‬cose che non volevo vivere‭” ‬insieme a quell’altro,‭ ‬di quando ho capito cos’era la paura.‭ ‬Quella vera,‭ ‬quella sana.‭

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Vivere sul lago vuol dire imparare ad andare in barca a vela,‭ ‬l’estate è lunga,‭ ‬qualcosa si deve pur fare quando si è ragazzini.‭

Questa sono io:‭ ‬13‭ ‬anni,‭ ‬in bicicletta,‭ ‬pantaloncini,‭ ‬maglietta,‭ ‬costume intero sotto i vestiti,‭ ‬zaino con cambio e asciugamano sulle spalle,‭ ‬i capelli raccolti in una coda,‭ ‬cappellino in testa.‭ ‬Pedalo in un primo pomeriggio di sole e afa,‭ ‬vado da casa al circolo vela,‭ ‬10‭ ‬minuti in bici.‭ ‬Devo uscire in barca con un’amica,‭ ‬gli altri ragazzini e l’istruttore,‭ ‬quello bello di cui siamo tutte innamorate.‭

In centro storico pedalo nei vicoli,‭ ‬perché non ci sono tante macchine,‭ ‬è più sicuro.‭ ‬Vicolo Turla,‭ ‬pieno centro storico,‭ ‬due file di case alte,‭ ‬pedalo tranquilla,‭ ‬è discesa,‭ ‬nessuno in giro,‭ ‬è ora della siesta o della spiaggia.‭ ‬Un uomo di mezz’età si piazza in mezzo alla strada,‭ ‬chiede aiuto.‭ ‬Mi fermo,‭ ‬metto giù i piedi e lo guardo.‭ ‬Mi chiede di entrare con lui in un cortile,‭ ‬dietro un cancello in metallo semichiuso,‭ ‬per aiutarlo a spingere la macchina che non parte,‭ ‬dice lui.

Ora,‭ ‬io lo so di non essere una ragazzina sveglissima,‭ ‬di quelle avanti che fanno le cosacce con i maschi negli ultimi posti del pullman,‭ ‬ma lì, ‭ ‬nel vicolo Turla,‭ ‬mi si accende una lampadina.‭ ‬E‭’ ‬la lampadina della paura.‭ ‬Qualcosa qui è sbagliato e qualcosa di brutto sta per accadere,‭ ‬sta per succedere qualcosa di orrendo,‭ ‬a me.‭ ‬Rimetto i piedi sui pedali,‭ ‬dico‭ ‘‬No‭!’ ‬al tizio che mi guarda fisso e mi implora di aiutarlo con un tono che suona sbagliato,‭ ‬è tutto sbagliato e brutto.‭ ‬Mi sento il cuore in gola,‭ ‬e lo stomaco mi si rivolta contro,‭ ‬se non pedalo via subito svengo o vomito,‭ ‬non è il caldo,‭ ‬è la paura.‭ ‬Giro la bici,‭ ‬lo evito e pedalo violenta.‭ ‬Il vicolo è in discesa,‭ ‬mi aiuta.‭ ‬Raggiungo la strada principale e in‭ ‬2‭ ‬minuti mi fermo davanti al circolo vela,‭ ‬le gambe molli,‭ ‬il fiato a zero.‭ ‬Sto bene,‭ ‬sono al sicuro,‭ ‬l’istruttore arriva insieme a me,‭ ‬in bici anche lui,‭ ‬sorridente come sempre.‭ ‬Scendo e vado con gli amichetti in barca a vela.‭ ‬Un pomeriggio come altri.‭ ‬Non dico niente a nessuno,‭ ‬perché niente è successo,‭ ‬forse me lo sono addirittura immaginato,‭ ‬forse aveva davvero bisogno di una mano e io ho frainteso,‭ ‬cretina deficiente paurosa.‭ ‬L’ho pensato davvero,‭ ‬mi sono sentita in imbarazzo per non averlo aiutato‭! ‬Come se fosse normale chiedere aiuto a una ragazzina tredicenne se non ti parte la macchina‭!

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Anni dopo,‭ ‬parecchi,‭ ‬ho avuto la conferma‭; ‬forse non ero stata una ragazzina troppo sveglia,‭ ‬ma non me l’ero immaginato.‭

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Sono di nuovo io,‭ ‬sempre estate,‭ ‬primo pomeriggio,‭ ‬sempre per strada,‭ ‬appena uscita di casa,‭ ‬in scooter,‭ ‬ho più di vent’anni,‭ ‬sono una giovane donna,‭ ‬porto il casco,‭ ‬sempre,‭ ‬anche se fa un caldo insano,‭ ‬odio le mie gambe e quindi indosso pantaloni alla corsara,‭ ‬una maglietta leggera,‭ ‬zero trucco.‭ ‬Sto andando da qualche parte,‭ ‬un’amica,‭ ‬la spiaggia,‭ ‬un giro.‭

Allo spiazzo della fermata dell’autobus,‭ ‬un tizio di fianco ad un’auto ferma si sbraccia appena mi vede arrivare,‭ ‬chiede aiuto.‭ ‬Rallento,‭ ‬mi fermo.‭ ‬Mi dice che è rimasto in panne e chiede se gli do un passaggio fino a casa sua,‭ ‬per prendere quello che gli serve.‭ ‬Io,‭ ‬cretina,‭ ‬educata ad essere gentile,‭ ‬invece di ascoltare la lampadina della paura che si sta accendendo,‭ ‬invece di mandarlo a quel paese seduta stante,‭ ‬gli dico che non posso dargli un passaggio perché non ho un secondo casco.‭ ‬Dove l’ho pensata‭? ‬E soprattutto:‭ ‬perché‭?‬ E‭’ ‬obbligatorio essere gentili con‭ ‬quelli che stanno cercando di farti del male,‭ ‬quando senti che qualcosa non quadra‭?

Lui ribatte che non é tanto distante,‭ ‬deve solo prendere i cavi della batteria.‭ ‬Questo é troppo e la mia lampadina ormai é un faro che in codice morse lampeggia:‭ ‬VATTENE CRETINA‭! ‬Il cervello gira veloce:‭ ‬a cinquanta metri ci sono una cabina del telefono e un bar aperto,‭ ‬avrebbe potuto chiedere lì se davvero fosse stato in panne:‭ ‬VATTENE CRETINA‭! ‬Invece io,‭ ‬sempre gentile,‭ ‬non lo mando a farsi fottere,‭ ‬no,‭ ‬gli dico che se è poco lontano può andarci a piedi e che i cavi della batteria non servono a niente se non ha un’altra macchina a cui attaccarsi.‭ ‬Giuro,‭ ‬l’ho detto.‭ ‬Il mio senso pratico,‭ ‬lo odio,‭ ‬sono qui che gli fornisco la spiegazione del perché la sua storia non sta in piedi,‭ ‬sono scema forte a volte.‭

Do gas allo scooter e me ne vado lasciandolo lí con le sue frottole.‭ ‬Mentre corro via mi domando cosa avrebbe potuto farmi se fossi stata una ragazzina,‭ ‬una ragazzina minuta,‭ ‬se fosse passato alla violenza fisica e mi avesse spinto giù dallo scooter facendomi perdere il controllo della mia via di fuga.‭ ‬Mi do della cretina a ripetizione e ringrazio la mia fedele lampadina e il mio scooter per avermi portato via.‭

Perché non sono andata dai carabinieri ancora me lo sto chiedendo,‭ ‬una spiegazione non so darmela,‭ ‬paura‭? ‬vergogna‭? ‬Non lo so,‭ ‬ma non me lo perdonerò mai.

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Annarosa Bonzanini vive in UK da cinque anni perché non si era accorta che alla frontiera inglese c’era scritto‭ “‬It’s a trap‭!”‬.‭ ‬La trovate anche su‭ ‬Twitter.