fotofinish/storia vera

Mi hanno appena chiesto se voglio congelare i miei ovuli.

haagen-dasz

Una di queste mattine aprendo l’email e scorrendo le solite congratulazioni per un bonus inesistente da parte della mia amica Camilla di Zalando e la quotidiana lista di desideri che non sapevo neanche ancora di avere di Amazon, ho ricevuto un invito a valutare la possibilità di congelare i miei ovuli da parte di un’azienda (un progetto? un’associazione di reduci dell’ovaio policistico?) che portava emblematicamente il nome di “Timefreeze, ovuli d’oro“. Il link in allegato indirizzava ad una pagina dove potevo inserire la mia età nell’apposita casella della “calcolatrice della fertilità” e contare il livello di mortalità dei miei ovuli.

Drammatico, ça va sans dire.

timefreeze ovuli

Ho 31 anni, e tutti sappiamo molto bene che dai 30 in poi inizia l’Olocausto degli ovuli (e della vita stessa). Infatti, inserita l’età, eccoli lì bene allineati, i miei ovuli, in una tragica parabola discendente, in caduta libera verso l’Omega (la Menopausa). Li ho visti sparire nel vuoto e per un po’ mi sono chiesta dove cazzo andassero, curiosa come Holden con le anatre di Central Park. Poi mi sono sentita chiamare: “Sbrigati Silvia, mettici in freezer. Che aspetti? Adesso fai la vaga, fai la femminista, ma un giorno ci vorrai prendere al posto dell’Häagen-Dazs. Noi lo sappiamo”. Gli ovuli mi parlavano. Gli ovuli volevano andare da qualche parte con le anatre di Central Park nell’inverno del mio scontento. Gli ovuli volevano farmi incazzare.

Un altro link mi invitava a contattare Timefreeze (a cui sto facendo tantissima pubblicità) per una videoconferenza. Ho sorriso. Che ci saremmo detti? Potevo forse spiegargli che spesso avevo pensato di bruciarli, gli ovuli, invece di congelarli?

Questa email mi ha fatto riflettere un po’, d’altronde non c’è una qualche stronzata che non mi faccia riflettere almeno un po’. Non bastano le psicologhe avanguardiste, le zie divorziate ai matrimoni. Non le nonne menate da giovani. Non le rimaste incinte casualmente di un pirla. No. Anche la tua casella di posta te lo deve chiedere. Non so chi le abbia venduto le informazioni e mi abbia inserito nel database, ma fatto sta, anche lei me lo chiedeva: “Vuoi sbrigarti a rimanere incinta, o cosa?”.

“Cosa”.

Mi dispiace, ma no. Io sono davvero felice per chi è felice di essere rimasta incinta, per chi non vedeva l’ora di fare un bel bambino, due bei bambini, tre bei bambini. A me adesso non mi va. Non me la sento. Non mi interessa. E soprattutto no, non mi sento meno donna. Anche se non so che cazzo voglia dire sentirsi “più donna”. All’Esselunga a comprare assorbenti mi sento forse più donna? No, non mi sembra. Forse tra un po’ cambierò idea. Non lo so.

Sono circondata da primipare, pupi e donne incinte, una parte delle mie amiche si è votata completamente alla causa, e a me questo non ha creato il benché minimo desiderio, anzi. E più in generale la maggior parte delle trentenni che frequento anche solo di rimbalzo sono tutte gravide, appena partorite o «lo stiamo cercando» (anche quelle a cui risponderei: «cosa? Un preservativo, spero») e io niente. Non ho sentito orologi ticchettare. No, mi dispiace. So di deludere molte persone, ciao mamma.

Sono anni che me lo chiedono le persone più disparate (psicologhe avanguardiste, zie divorziate, nonne menate) e sono anni che mi preparo una risposta abbastanza caustica, ironica, sprezzante (sincera, mai) per chi si interessa dell’argomento. Per adesso ho una top ten:

1. Tra dieci anni ci penso.

2. Non voglio essere affrettata, sono così giovane.

3. Sono lesbica e non mi piacciono gli aghi, figurarsi i cazzi.

4. Veramente ero più orientata ad un’operazione per cambiare sesso.

5. Odio i bambini sugli aerei.

6. Sono a favore dei luoghi child-free.

7. Sono una brutta persona.

8. Ogni volta che qualcuno dice “non sei mamma, non puoi capire” ho voglia di tagliarmi le tube di Falloppio per sempre.

9. I bambini mi piacciono perché poi so che se ne tornano a casa loro.

10. Fatti i cazzi tuoi.

Ecco. E nessuna risposta che mi abbia mai soddisfatto del tutto.

Sono lieta di aver ricevuto quest’email da Timefreeze. Ho bestemmiato appena l’ho aperta, ma poi l’ho rivalutata completamente.

Grazie a Timefreeze, infatti, finalmente potrò dare una risposta definitiva a chi mi chiederà informazioni sulla mia attività ovulatoria. Potrò dire di aver congelato i miei ovuli per il futuro, e di stare tranquilli, che sono al sicuro, e che appena mi viene voglia me li vado a riprendere tutti, insieme agli Häagen-Dazs.

Silvia Vecchini nasce a Torino il 18 maggio dell’82, giorno in cui Joe Strummer viene ritrovato alla maratona di Parigi dopo settimane di latitanza. Ha vissuto a Roma otto anni e adesso le manca. E’ passata da stalker a collaboratrice di Antonio Rezza senza nemmeno accorgersene. Spesso lavora nei teatri come jolly. Ha cercato di trasferirsi a Milano perché voleva imparare a camminare veloce e perché ci fanno il sushi buono. La trovate anche su Twitter.

 

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